Ripartizione della reversibilità tra prima e seconda moglie: l’INPS è litisconsorte necessario

Il giudizio tra l’ex coniuge e il coniuge superstite per l’accertamento della ripartizione del trattamento di reversibilità deve necessariamente svolgersi in contraddittorio con l’INPS atteso che, essendo il coniuge divorziato, al pari di quello superstite, titolare di un autonomo diritto di natura previdenziale, l’accertamento concerne i presupposti affinché l’Ente assuma un’obbligazione autonoma, anche se nell’ambito di una erogazione già dovuta, nei confronti di un ulteriore soggetto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 3 marzo – 22 maggio 2020, n. 9493

San Nicolò a Tordino, 29 Maggio 2020 Avv. Annamaria Tanzi

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L’ex coniuge ha diritto all’assegno se la sentenza di divorzio passa in giudicato prima della delibazione ecclesiastica di nullità

Non sussiste un rapporto di primazia della pronuncia di nullità del matrimonio concordatario, secondo il diritto canonico, sulla pronuncia di cessazione degli effetti civili dello stesso, trattandosi di procedimenti autonomi, aventi finalità e presupposti diversi.

Corte di Cassazione, sez. I civile, ordinanza 23 gennaio 2019, n. 1882

San Nicolò a Tordino, 24 Gennaio 2019 Avv. Annamaria Tanzi

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E’ rilevante il reddito netto dell’ex marito per la quantificazione dell’assegno di mantenimento

La determinazione del quantum dell’assegno di mantenimento deve operare sul reddito netto del coniuge obbligato al versamento poiché la famiglia, in costanza di matrimonio, fa affidamento su di esso.

Corte di cassazione, sez. I civile, ordinanza 14 gennaio 2019, n. 651

San Nicolò a Tordino, 19 Gennaio 2019 Avv. Annamaria Tanzi

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Irrilevante la rinuncia della figlia maggiorenne al mantenimento: confermato l’obbligo del padre

La eventuale rinuncia del figlio maggiorenne al mantenimento non può in nessun caso spiegare effetto sulla posizione giuridico-soggettiva del genitore affidatario quale autonomo destinatario dell’assegno. Ciò che conta, sancisce la Suprema Corte, è la constatazione della mancata autosufficienza del figlio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 14 dicembre 2018, n. 32529

San Nicolò a Tordino, 14 Dicembre 2018 Avv. Annamaria Tanzi

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In tema di divorzio congiunto la revoca del consenso di uno dei coniugi non comporta necessariamente il diniego della domanda di scioglimento del matrimonio. Si tratta infatti di una decisione che deve prendere il giudice avente presupposti completamente diversi da quella prevista per la separazione consensuale

In tema di divorzio a domanda congiunta l’accordo tra i coniugi ha natura meramente ricognitiva «con riferimento ai presupposti necessari per lo scioglimento del vincolo coniugale la cui sussistenza è soggetta a verifica da parte del tribunale», il quale ha pieno potere decisionale. La revoca del consenso da parte di uno dei coniugi è inammissibile solo con riferimento al valore negoziale in ordine all’accordo sulle condizioni del divorzio e sulla scelta dall’iter processuale, nei quali sono esclusi ripensamenti unilaterali, «configurandosi la fattispecie non già come somma di distinte domanda di divorzio o come adesione di una delle parti alla domanda dell’altra, ma come iniziativa comune e paritetica, rinunciabile soltanto da parte di entrambi i coniugi». Secondo la Suprema Corte, da ciò consegue che  non può ritenersi condivisibile la decisione di merito secondo cui, analogamente a quanto accade nel procedimento di separazione consensuale, la revoca del consenso comporta il venir meno del requisito indispensabile per l’accoglimento della domanda, in quanto ciò «si pone in contrasto con le profonde differenze riscontrabili tra le relative discipline».
La separazione consensuale infatti «individua il presupposto sostanziale della fattispecie nell’accordo tra i coniugi, al quale il tribunale è chiamato ad attribuire efficacia dall’esterno, mediante un’attività di controllo che non può mai tradursi in un’integrazione o una sostituzione del consenso delle parti». Mentre il divorzio congiunto, «richiede una pronuncia costitutiva, fondata sull’accertamento dei presupposti richiesti dall’art. 3 della l. n. 898/1970», con la conseguenza che se la separazione consensuale produce un procedimento di giurisdizione volontaria, il divorzio congiunto costituisce espressione di giurisdizione contenziosa.
In conclusione la Cassazione, applicando i citati principi, ha ritenuto fondato il ricorso e ha cassato la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale che, nonostante la revoca del consenso di uno dei coniugi, deve provvedere ugualmente all’accertamento dei presupposti del divorzio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 24 luglio 2018, n. 19540

San Nicolò a Tordino, 27 Luglio 2018 Avv. Annamaria Tanzi

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Le Sezioni Unite della Cassazione sull’assegno divorzile: bisogna adottare un «criterio composito»

Con la sentenza di oggi 11 Luglio 2018, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto il contrasto giurisprudenziale venutosi a creare sul tema della liquidazione dell’assegno divorzile e hanno chiarito che il giudice, nel determinare l’assegno a favore del coniuge economicamente più debole, deve procedere alla “valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali”, dando «particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all’età dell’avente diritto. Il parametro così indicato si fonda sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l’unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo.  Le Sezioni Unite motivano la propria decisione sottolineando, inoltre, che il “contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell’unione matrimoniale”.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 11 luglio 2018, n. 18287

San Nicolò a Tordino, 11 Luglio 2018 Avv. Annamaria Tanzi

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Assegno di divorzio: il Tribunale di Udine ha riconosciuto il diritto a percepire l’assegno divorzile in capo all’ex moglie convenuta tenendo conto del tenore di vita goduto in corso di matrimonio

Il Tribunale di Udine, discostandosi dal recente orientamento statuito dalla Cassazione con sentenza n. 11504/2017,  ha riconosciuto il diritto a percepire l’assegno divorzile in capo all’ex moglie convenuta tenendo conto del tenore di vita goduto in corso di matrimonio e degli ulteriori elementi indicati dall’art. 5 l. n. 898/1970.

Tribunale di Udine, sez. I Civile, sentenza 11 maggio – 1 giugno 2017

San Nicolò a Tordino, 25 Luglio 2017 Avv. Annamaria Tanzi

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Tribunale di Milano: non rileva il tenore di vita per determinare il diritto all’assegno divorzile

Con la Sentenza 17 maggio – 5 giugno 2017, la Sez. IX Civile del Tribunale di Milano ha condiviso il recente orientamento della Cassazione che considera non più attuale né applicabile al nuovo contesto sociale e legislativo, il parametro del “tenore di vita” per individuare il diritto dell’ex coniuge richiedente l’assegno divorzile. Secondo la Suprema Corte, infatti, stante l’univoca funzione esclusivamente assistenziale dell’assegno divorzile, non deve più essere tutelato l’interesse dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale, in un’ottica di riequilibrio delle condizioni economiche degli ex coniugi per tanto tempo ritenute sbilanciate a sfavore della donna, piuttosto l’interesse al raggiungimento dell’indipendenza economica, prestando attenzione alle condizioni del creditore e non a quelle dell’obbligato.
Deve, pertanto, considerarsi nuovo parametro al quale rapportare, nella prima fase dell’an debeatur, l’adeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio e la possibilità o meno per ragioni oggettive dello stesso di procurarseli, l’indipendenza economica. Soltanto nella successiva fase del quantum debeatur sarà legittimo procedere ad un giudizio comparativo tra le rispettive posizioni personali ed economico-patrimoniali degli ex coniugi, secondo specifici criteri dettati dall’art. 5, comma 6, l. n. 898/1970.

Tribunale di Milano, sez. IX Civile, sentenza 17 maggio – 5 giugno 2017,

San Nicolò a Tordino, 07 Luglio 2017 Avv. Annamaria Tanzi

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Matrimonio internazionale: Il Tribunale di Parma, in applicazione del Regolamento UE n. 1259/2010, ha disposto il divorzio, senza previa separazione, di una coppia di nazionalità diverse. Nel caso di specie, i giudici hanno infatti applicato la normativa spagnola, che stabilisce la possibilità di richiesta immediata di divorzio.

divorzio-leggeIl Tribunale di Parma, in applicazione del Regolamento UE n. 1259/2010, ha disposto il divorzio, senza previa separazione, di una coppia di nazionalità diverse. Nel caso di specie, i giudici hanno infatti applicato la normativa spagnola, che stabilisce la possibilità di richiesta immediata di divorzio. L’art. 5 del Regolamento UE n. 1259/2010 stabilisce, infatti, che i coniugi possono, di comune accordo, scegliere la legge applicabile tra tre soluzioni: la legge dello Stato della residenza abituale dei coniugi al momento della conclusione dell’accordo, la legge dello Stato dell’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora al momento della conclusione dell’accordo, la legge dello Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza al momento della conclusione dell’accordo. Ed è proprio quest’ultimo caso quello scelto dalla coppia nel caso in esame: viene applicata, quindi, la legge civile della Spagna, di cui la donna ha la cittadinanza. La normativa spagnola prevede che i coniugi possano chiedere direttamente il divorzio, senza necessità di una previa separazione, una volta decorsi tre mesi dalla data di celebrazione del matrimonio, indipendentemente dai motivi alla base della domanda.

Tribunale di Parma, sez. Civile, sentenza n. 599 del 2014

Teramo, 04 Luglio 2014 Avv. Annamaria Tanzi

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Assegno di mantenimento: il marito è tenuto a corrispondere all’ex moglie, economicamente svantaggiata, una integrazione dell’assegno divorzile, qualora la sproporzione economica tra gli ex coniugi sia evidente

assegno-divorzioNel caso in cui ci sia sproporzione reddituale tra i coniugi, l’assegno divorzile da corrispondere al coniuge più debole deve essere integrato in modo tale da limitare la notevole sproporzione tra i redditi. E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 7982 del 4 aprile 2014.

Corte di Cassazione, sez. I, 04 aprile 2014, n. 7982

Teramo, 15 Aprile 2014 Avv. Annamaria Tanzi

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